Mercoledì 28 febbraio ore 11,21.
Ufficio postale di Vergato (Bologna, Italia, Europa, Pianeta Terra, Sistema Solare, Via Lattea, Universo).
Come un alieno verde, entro nell’ufficio semideserto.
Forme di vita: cinque. Con i sensori a corto raggio, scansiono gli sportelli e individuo quello che fa al caso mio. Prendo il numerino perché so che ci tengono e mi presento davanti allo sportello che già recava con inquietante preveggenza in mio numero: 112. Attivo il traduttore universale che mi consente di parlare nella lingua autoctona ed entro in contatto con l’essere vivente che ho davanti.
«Dovrei spedire queste sei buste con posta prioritaria».
«Sono tutte dello stesso peso?».
«Sì».
Pigramente, solleva la prima busta e la ripone sulla bilancia. Sforzo e lentezza necessari all’operazione, mi fanno dedurre che la forza di gravità è molto maggiore rispetto al mio pianeta d’origine.
«Ci vogliono ventiquattr’ore vero?».
«No. La posta prioritaria è come la posta di una volta. Si chiama così ma ci vogliono tre-quattro giorni almeno».
Sono allarmato, dall’arrivo rapido delle missive dipende la salvezza dell’intero Universo e quindi anche quella dell’impiegata postale, che pare non preoccuparsene più di tanto.
«Ci vuole così tanto causa maltempo, oppure la posta non parte più per Bologna tutti i giorni?».
«No, no. Parte tra qualche ora. È così. È sempre stato così».
«Scusi, ma quando vado a Roma o a Bologna mi dicono che ci vogliono ventiquattr’ore ed effettivamente arrivano in quel tempo».
«Non è possibile».
Controllo il traduttore universale in cerca di guasti: niente. Provo ad adattarmi alla cultura locale e cambio approccio.
«Esistono anche opzioni più rapide per l’invio?».
«Certo, c’è la raccomandata con ricevuta di ritorno».
«Niente di più pratico, senza necessità di compilare scartoffie aggiuntive?».
«C’è la Posta Prioritaria con tracciamento. Quella sì che ci mette ventiquattr’ore».
«Perfetto. Quanto costa in più?».
«Controllo». Quindici secondi dopo: «Due Euro e ottantacinque contro… due Euro e ottanta».
«L’opzione rapida mi costa solo cinque centesimi in più?».
«No. Quella rapida costa cinque centesimi in meno».
Devo cambiare quel catorcio del traduttore universale che non funziona.
«Non ho capito. Ha detto che l’opzione rapida costa cinque centesimi in meno?».
«Esatto».
Capisco che le leggi spazio temporali che governano questo mondo lontano sono molto diverse da quelle a cui sono abituato, penso ad Einstein e Hawking, e mi chiedo se abbiamo mai postulato qualcosa del genere.
«Allora le spedisco rapide».
«Però le prime due le paga cinque centesimi in più perché ho già attaccato l’etichetta».
«Va bene».
La strana creatura che ho di fronte, espleta le sue pratiche con zelante pigrizia, quindi sentenzia: «Sedici Euro e Novanta».
Decido di pagare ed esco dall’ufficio postale affranto. Temo di aver fatto un errore terribile: questo mondo non merita di essere salvato.